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Relazione di Sante Canducci al XXXII Congresso del Distretto 2070
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Repubblica di San Marino, 14-15-16 Maggio 2004
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Amici, Carlo Monticelli, rappresentante del Presidente
Internazionale ha detto che i saluti vanno fatti una sola volta.
Rispetterò questo mandato, vista l’autorevolezza dalla quale
proviene, e quindi al mio saluto iniziale vorrei solo aggiungere un
ideale abbraccio di amicizia con tutti voi.
Io credo che ogni occasione nella quale abbiamo la possibilità di
ricordare gli obbiettivi raggiunti, ma anche di riflettere e
ulteriormente approfondire alcuni temi estremamente importanti per
la nostra azione, diventa un appuntamento da non perdere.
Inoltre, questi incontri, come qualcuno ha già ricordato, servono
per ritrovare amici, per incontrarne nuovi, per approfondire la
nostra conoscenza e, quindi dare forza al Rotary. Il Congresso
Distrettuale ha anche questa funzione.
Permettetemi di iniziare facendo un piccolo parallelo, molto libero,
partendo da una frase attribuita a San Marino e che è possibile
leggere nelle pareti del nostro Palazzo Pubblico: “Relinquo vos
liberos ab utroque homine”, questo è il messaggio che il nostro
fondatore ci ha lasciato: liberi da ogni potere esterno a noi.
C’era infatti il rischio di essere sopraffatti, o dal potere della
Chiesa o dal potere imperiale, e quindi lì sono le radici della
nostra autonomia, da questo mandato del Fondatore. Da allora sono
trascorsi 1.703 anni di storia della piccola Repubblica di San
Marino.
Mi piace iniziare con questa frase che rappresenta l’imprimatur
della nostra sovranità, ma che potrebbe essere benissimo rapportata
anche al Rotary, un’associazione che raggruppa persone di diverse
professioni, senza restrizioni di fede religiosa o idee politiche,
con un assoluto rispetto dell’opinione altrui, nella sua identità
sovranazionale di grande potenza internazionale del bene – come
ormai mi è abituale definirlo – che non dipende da nessuno, ma che
ha nei suoi soci gli unici artefici del proprio successo, quindi
nella sua autonomia del servire.
In una sua recente lettera inviata a tutti i governatori, il
Presidente Majiyagbe dice: “Puoi essere fiero dei risultati che
abbiamo conseguito quest’anno, sia come leader al servizio della
comunità che come membri del dream-team. Nei miei viaggi ho avuto
modo di vedere di persona come ovunque i rotariani contribuiscano a
migliorare le condizioni di vita nel pianeta. Tanto che entro la
fine di quest’anno avremo raggiunto nuovi vertici di servizio e di
impegno. Sono felice che il 2003/2004 sia stato un anno in cui
l’intelligenza, la compassione, la competenza di tutti i distretti,
hanno contribuito al progresso della missione rotariana nel mondo.
Ti chiedo di continuare e creare opportunità di tendere la mano,
poiché non c’è limite a quanto possono ottenere le mani tese del
Rotary”.
Questo era il messaggio che ci aveva affidato il Presidente durante
l’assemblea mondiale. Queste tre parole esprimono ciò che per noi è
comune: venire in aiuto per la fraternità e il servizio, e quindi ci
disse di tendere la mano ovunque fosse necessario, nel lavoro, nel
nostro club, ai colleghi rotariani, nelle nostre realtà e nel mondo.
È un gesto semplice, ma spesso è ciò che ci vuole per cambiare la
vita di un individuo.
Nel mio lungo percorso attraverso il più grande Distretto del mondo
come numero di soci, ho potuto constatare che il gesto delle mani
pronte ad aiutare è una grande e splendida realtà.
L’attenzione alla comunità locale, molto mirata ed utile,
rappresenta la risposta più coerente dei rotariani all’accusa
ingenerosa che ci viene fatta e cioè di essere un club chiuso, di
persone facoltose, che pensano al proprio benessere e si
compiacciono di fare anche beneficenza. Nella constatazione di
quanto attivi sono i nostri club, c’è la miglior risposta di chi da
ormai cento anni cerca di migliorare le condizioni di vita di altri
meno fortunati, per portare armonia, pace, gioia di vivere.
La differenza sostanziale fra noi e altre forme associative, sta nel
fatto che pur facendo anche beneficenza, i nostri scopi sono
diversi, altrimenti non ci sarebbe bisogno del Rotary.
L’aiuto che dobbiamo dare a chi ha bisogno, come dice un nostro
socio, non deve essere elemosina, ma deve essere collaborazione, con
derivazione latina dall’affaticarsi insieme, ovvero con attività
svolte in aiuto ad altra persona o alla collettività, con il
concetto chiaro del servire non come dipendenza ma come gesto
permeato di un’autentica pari dignità.
L’amicizia fra i soci, la rettitudine negli affari e professioni,
l’impegno al servizio verso gli altri e la società, la comprensione
fra i popoli e la pace, restano i pilastri del Rotary. Tantissime
sono state le iniziative intraprese, progettate, realizzate,
avviate, e poi trasferite alle pubbliche istituzioni, che le hanno
fatte proprie, come ad esempio gli ambulatori per gli
extracomunitari cinesi a Firenze.
L’attenzione verso la conservazione, il recupero, la fruibilità
pubblica di tante opere d’arte, dimostrano una sussidiarietà verso
un problema che le istituzioni non riescono a risolvere, ponendoci
tutti di fronte al rischio di dover perdere tante testimonianze di
una storia grande della quale il nostro distretto è estremamente
ricco.
Il recupero spesso si rivolge anche all’arte povera, c’è un club che
restaurerà e catalogherà le immagini delle vie votive che
testimoniano la fede e la devozione che hanno caratterizzato secoli
di storia delle piccole comunità.
I recuperi ambientali, le attenzioni contro il degrado, sono per i
rotariani altri punti di grande preoccupazione. In alcuni casi sono
stati proposti e consegnati alle istituzioni progetti definiti in
ogni parte, fino agli esecutivi e la direzione dei lavori, tutto
fatto dai soci senza compenso, utilizzando le ricchezze delle
diversità professionali, nella speranza che questo stimolo possa
portare alla soluzione di tanti problemi. In molti casi sono
riusciti anche a trovare le risorse per realizzarli.
Numerose sono le iniziative umanitarie e sociali fatte nei confronti
di fasce della popolazione con problemi importanti di salute e
disabilità. Del resto il Rotary è dal 1913 che si occupa di questo
particolare settore. Nell’ambito sanitario, sono stati innumerevoli
gli interventi fatti anche tramite la fornitura di attrezzature per
reparti ospedalieri o con ambulanze per migliorare l’assistenza
nelle emergenze.
Vorrei anche sottolineare che, per fare il bene, con grande
originalità e fantasia, i rotariani sono capaci di trasformarsi in
attori, sceneggiatori, registi, produttori, come ad Arezzo, per
procurarsi risorse e confermare che, quanto disse Mayers di fronte
alla domanda: “Che cosa fanno i rotariani?”, e lui rispose: “Tutto”,
è veramente una realtà.
Vi è poi la grande solidarietà internazionale, operata attraverso la
Rotary Foundation, o direttamente individuando iniziative per i
paesi in via di sviluppo, proprio negli ambiti raccomandati dal
Presidente Internazionale, con l’invito a tendere la mano nella
lotta contro la povertà, l’analfabetismo e la malattia. Il più
grande progetto umanitario della storia, la campagna Polio Plus,
finalizzata alla eradicazione di questa malattia, sta per
concludersi. Il nostro Distretto ha risposto in modo veramente
encomiabile.
Ma accanto a questa grande operazione, ve ne sono migliaia, molto
più piccole ma sicuramente meritevoli di attenzione, perché ove
arrivano possono risolvere enormi problemi di sopravvivenza o di
qualità di vita: ridare la vista ai ciechi operandoli di cataratta,
procurare acqua potabile dove si muore a causa di acqua infetta che,
fra l’altro rende inefficaci anche tanti progetti nutrizionali;
procurare libri, aiutare insegnanti, contribuire ai costi per
l’educazione, sono altrettante iniziative che i clubs stanno facendo
ovunque nel mondo.
Ma un richiamo dobbiamo farcelo: povertà, analfabetismo, malattie,
possono essere anche più vicini a noi e non solo nei paesi in via di
sviluppo, forse però più nascosti, e coinvolgono persone che non
vogliono talvolta mostrarsi per vergogna o anche per degrado fisico
e psichico.
Facciamo allora un’attenta analisi a 360 gradi dei bisogni reali ed
impegnamoci come sappiamo fare da ormai da cento anni per
eliminarli. Non si finirebbe mai di ricordare le iniziative
realizzate, mi limito ad elencarne alcune oltre a quelle già dette.
La festa per la nascita del tricolore come bandiera nazionale; il
premio alla qualità e all’eccellenza della capacità creativa degli
italiani come il Premio Columbus; la celebrazione della fondazione
dell’esercito italiano e le tantissime manifestazioni in ricordo dei
caduti di Nassirya tese ad onorare l’esercito nel suo ruolo di pace,
fino al sacrificio della vita in nome della libertà e della
democrazia.
La varietà degli interventi proposti dai nostri club, dai nostri
rotariani, è tale e tanta da confermarci, se ce ne fosse bisogno,
che il Rotary è questa grande forza.
Noi questo siamo in grado di farlo perché possiamo contare
innanzitutto su una base forte e consolidata.
Quest’anno, ancora una volta, anche se i dati ovviamente non sono
definitivi, il saldo è attivo, i soci sono aumentati.
Credo che anche questo sia significativo così come lo è l’ingresso
nella famiglia rotariana di due nuovi club: il Ravenna Galla
Placidia e il Forlì Tre Valli. Sono due bellissime realtà che
potranno esprimere i nostri obiettivi con forza e tanta azione
rotariana.
I temi che oggi dobbiamo affrontare, sono stati i temi conduttori di
questa annata.
Quando parliamo di pace, noi abbiamo un punto di riferimento molto
chiaro e preciso ed è l’ultima frase dello scopo del Rotary:
“propagare la comprensione reciproca, la buona volontà, la pace fra
nazione e nazione, mediante il diffondersi nel mondo di relazioni
amichevoli fra persone esercitanti le più svariate attività
economiche e professionali, unite nel comune proposito e nella
volontà di servire.”
Facciamo una breve cronistoria di quanto il Rotary ha fatto per la
pace.
Con l’avvicinarsi della prima guerra mondiale, nel 1914 adottò una
risoluzione a sostegno di una Conferenza internazionale di pace,
richiedendo ai rotariani di sostenere il Movimento di pace
internazionale. Il primo segretario del Rotary sollecitò i rotariani
a promuovere una campagna di pace “riunendo in amicizia i grandi
ordini fraterni, la stampa, la Chiesa, le istituzioni educative e
tutte le istituzioni commerciali, in modo da creare un sentimento
pubblico che, in ragione del suo stesso impegno e della sua portata,
potesse indurre i governanti ad un momento di pausa e di riflessione
ben prima di dichiarare nuovamente una guerra, una volta risolti i
problemi del momento.”
Non riuscì ma il Rotary ci provò. Ai rotariani venne comunque
richiesto di agire come operatori di pace nell’ambito delle
rispettive comunità, discutendo all’interno dei club le modalità per
conseguire la pace internazionale.
Nella convenzione del 1917, Paul Harris disse: “È più facile
suscitare l’interesse dell’uomo per la guerra che per la pace; per
questo è necessario maggior coraggio morale per parlare di pace
piuttosto che di guerra”.
Durante la stessa convenzione, Kalempth propose l’istituzione di un
fondo: “per operare il bene nel mondo”. Fu l’inizio della Fondazione
Rotary.
Gli effetti della guerra però suscitarono il desiderio di
specificare tra le priorità del Rotary la ricerca della pace. “La
guerra comunque era stata preziosa, in quanto ci aveva insegnato a
comprendere il valore delle cose invisibili e a capire che la
libertà non è mai troppo cara, a qualunque prezzo. Il Rotary aveva
trovato il proprio posto fra le forze mondiali, fra le invisibili
cose di valore che non possono essere misurate in dollari e
centesimi. L’ispirazione è una fiamma che presto muore se non viene
alimentata con la legna del servire.”
Nella convenzione di Los Angeles del 1922, i delegati approvarono la
decisione di includere la pace nello scopo del Rotary. Di qui
nacquero numerosi progetti di varia natura, intrapresi dal Rotary
per la promozione di relazioni amichevoli e della comprensione fra
le nazioni.
Nel 1942, una Conferenza internazionale organizzata dal Rotary,
tenutasi a Londra, durante la seconda guerra mondiale, riunì 21
nazioni. Nella Conferenza si discusse del dopoguerra, e si
discussero i progetti per un dopoguerra pacifico nel mondo e per lo
sviluppo dell’istruzione, della scienza e della cultura. Da quell’incontro
scaturì l’agenzia UNESCO, organizzazione delle Nazioni Unite.
Inoltre il Rotary partecipò alla costruzioni delle Nazioni Unite e
Thomas Warrenn commentò questo evento dicendo: “L’invito rivolto al
Rotary International di partecipare come consulente alla Conferenza
delle Nazioni Unite, non è stato semplicemente un atto di cortesia e
di rispetto verso una grande organizzazione, ma piuttosto il
semplice riconoscimento del ruolo attivo che tutti i soci del Rotary
hanno svolto e continueranno a svolgere nello sviluppo della
comprensione internazionale fra le nazioni. C’era assolutamente
bisogno della presenza dei rappresentanti del Rotary a San
Francisco, e come voi tutti sapete il loro contributo è stato
sostanziale per la redazione della Carta delle Nazioni Unite e in
modo particolare per l’elaborazione delle disposizioni relative al
Consiglio Economico e Sociale”. Ma c’è una frase che io voglio
ricordare in questa occasione, la espresse Paul Harris
nell’immediato dopoguerra, nel ’45: “Questo è il giorno del Rotary.
Per la prima volta nella vita del movimento, le grandi potenze della
terra sono ora seriamente interessate a promuovere la comprensione
internazionale e la buona volontà fra i popoli. Questa è l’essenza
del Rotary. Uscendo dall’era della giungla non possiamo in tutta
coscienza puntare il dito del disprezzo l’uno contro l’altro. Lo
spirito di tolleranza che ha consentito al Rotary di formare
un’associazione internazionale di uomini d’affari e professionisti
renderà possibile ogni cosa. È un privilegio vivere nell’anno 1945 e
vivere in prima persona il grande risveglio. Questa è l’era
rotariana”.
Il Rotary poi ha tantissime iniziative a favore della pace: il
Premio Rotary per la Pace e l’intesa mondiale; i centri rotariani
per gli studi internazionali sulla pace e la risoluzione dei
conflitti; le borse di studio per gli ambasciatori del Rotary; lo
scambio di gruppi di studio; lo scambio giovani, tutti con lo scopo
primario di approfondire la reciproca conoscenza perché questo porta
a capirsi e a superare le divisioni.
Vi è stata quest’anno un’iniziativa dei dieci Distretti italiani che
si è svolta ad Assisi, nella città di San Francesco, che
dell’impegno della sua vita per gli altri ne fece una scelta
esclusiva. L’incontro che abbiamo realizzato ha voluto simboleggiare
ancora una volta quelle tendenze umanistiche che ci dicono che
l’uomo è incontro, è essere di comunicazione. L’incontro e il
dialogo sono risorse per la pace.
Questo è l’impegno dei rotariani, questo è quel supporto sicuro e
splendido per il quale vale la pena spendersi.
Come la virtù della speranza si incarna ed è presente negli uomini
così fin dall’inizio il Rotary vive nel sogno di una speranza,
quello della pace, e non è mai venuto meno all’impegno di
perseguirla con ogni azione, a partire da ciò che ognuno di noi può
fare iniziando dalla propria attività professionale, nell’ambito
delle sfere decisionali nelle quali i rotariani, come “migliori
elementi” – come disse Paul Harris - possono tentare di influire
sulle scelte per migliorare le condizioni di vita di tanti esseri
umani, aprendo in tal modo nuovi sentieri di pace, perché
giustamente è stato detto: la strada che porta alla guerra è
un’autostrada a quattro corsie, mentre quella che porta alla pace è
un sentiero nella giungla, tortuoso e difficile.
Mi piace ricordare anche oggi una frase scritta in un muro di
Sarajevo: “I bambini che hanno visto la guerra sono l’unica speranza
per la pace”. E’ un atto di estrema fiducia nei giovani e nelle
nuove generazioni. Ai giovani è affidato il futuro, proprio da
aspirazioni come queste dobbiamo continuare a costruire la pace,
pezzo dopo pezzo, delusione dopo delusione, speranza dopo speranza.
Migliaia di persone aspettano da noi rotariani la speranza per
riaccendere la fiamma della solidarietà e della pace.
Quando chiunque agisce in favore degli altri è operatore di pace.
Dobbiamo favorire in ogni modo l’incontro fra i giovani unici liberi
da scorie e preconcetti e che hanno voglia di conoscersi meglio,
questo ci è stato detto anche da un Governatore proveniente da
Gerusalemme. La sintesi del messaggio che deriva da questo incontro
di Assisi può essere espressa con le parole di Paul Harris quando
disse: “Non esito ad affermare che la pace mondiale possa essere
conseguita, resa stabile, se ancorata alla solida base del Rotary,
fatta di amicizia, tolleranza e duttilità”.
Quest’anno abbiamo risposto ad un preciso invito del Presidente
internazionale Mayijagbe: tendi la mano alla famiglia.
Nonostante gli effetti delle trasformazioni, delle nuove dinamiche
della popolazione, concordo con chi afferma che nella molteplicità
più o meno radicata delle forme che esprimono il pluralismo
culturale della società del nostro tempo, la famiglia italiana in
genere ha saputo resistere al richiamo della concorrenza di modelli
alternativi, e sta affrontando il nuovo millennio nel segno di una
tradizione ancorata ad un sistema di valori. Di fronte alla novità,
ai condizionamenti economici, normativi e socio-culturali degli
ultimi 25 anni, più che trasformarsi, si è difesa, e si può pensare
che ciò che essa chiede alla società e alla politica è solo la
possibilità di adattarsi al cambiamento e alle nuove problematiche
di un mondo sempre più ricco di trasformazioni, senza per questo
snaturarsi o doversi omologare a modelli che non sono propri della
vita e della cultura del nostro paese. L’auspicio è che, vista
l’importanza della posta in gioco, tale richiesta non resti inevasa.
Se la svolta di questi ultimi anni può aver sorpreso molti per
intensità e rapidità sino a coglierci talvolta impreparati, il
futuro può fare ancora di più. Affrontarlo con la consapevolezza
delle dinamiche e delle problematiche, può certamente aiutarci a
gestirlo e a vivere meglio.
La famiglia riveste un ruolo primario nella formazione ai valori
morali dell’uomo e chiama in causa la capacità che essa ha di
formare uomini liberi. “Educazione morale” è educazione colta sotto
un particolare punto di vista, che tende a presentare un cammino che
va dalla dipendenza all’autonomia, dall’istintualità alla libertà,
dall’opportunismo alla responsabilità. Un cammino il cui obiettivo
fondamentale è la promozione del bene. E’ il cammino del Rotary.
Ancora una volta dobbiamo constatare come per noi dovrebbe essere
naturale. Essere educatore ai valori morali significa cercare un
rigore nella propria vita personale e sentirsi obbligati a
“conformare la propria coscienza alla verità”.
Questo esige per la famiglia prima di tutto una continua formazione
della propria coscienza, cioè la ricerca di senso da dare alla
propria vita. La pigrizia, la voglia di ottenere risultati immediati
sono ostacoli alla crescita, specie in un contesto ambiguo in cui
spesso i valori e i disvalori si confondono, è difficile trovare la
strada del bene ed ognuno di noi può sentire il disagio della
difficoltà a discernere.
La difficoltà della comprensione del valore insito in certe realtà
del nostro tempo, oltre che dalla realtà sociale e dalla stessa
natura umana, deriva in modo determinante dalle agenzie educative
oggi esistenti, che sono portatrici di messaggi multiformi e spesso
contraddittori.
La famiglia ha un compito serio di integrazione con le varie agenzie
educative.
Molto importante è il valore della vita associativa come momento di
mediazione tra più soggetti educativi. Il Rotary può e deve
inserirsi a pieno titolo fra questi. La base di per sé è
rappresentata dai soci, nei club, dove recependo il messaggio del
Presidente Majiyagbe dobbiamo dedicare – l’abbiamo detto durante
tutta questa nostra annata – un’attenzione particolare alla
famiglia, coinvolgendola, con i suoi componenti, nella vita
rotariana, nella condivisione dei nostri progetti e della loro
realizzazione. Così come non dobbiamo dimenticare i famigliari dei
soci defunti. Possiamo ritrovare fin dall’inizio del Rotary un
riconoscimento ai coniugi.
Vi ricordo una piccola nota tratta dal libro “La mia strada verso il
Rotary”, Paul Harris raccontando dei primi incontri che avvenivano
fra amici a rotazione in casa dell’uno o dell’altro, durante i quali
si parlava, si progettava, si lavorava insieme, si discuteva, ad un
certo punto dice: “Le donne servivano appetitosi pranzi e alla fine
si guadagnarono così l’appellativo di «rotariane»”. La definirei una
antesignana affermazione del concetto attuale di “Famiglia
rotariana”, tutti possono contribuire per migliorare l’efficacia
dell’azione rotariana.
Quest’anno tantissime esperienze, che mi sono state riferite nel
secondo giro che ho fatto attraverso i club per valutare insieme a
loro a che punto era la realizzazione dei progetti, hanno confermato
che questo coinvolgimento è stato estremamente positivo.
Ma c’è un altro aspetto, che collegandosi ai vari componenti della
famiglia rotariana non può essere dimenticato dal Rotary: è il ruolo
dei giovani. I media amano straparlare dei giovani di oggi, trovando
pretesti per accusare le nuove generazioni. Ad ogni fenomeno di
massa, tragico o semicomico che sia, la televisione, il cinema, si
tuffano a precipizio in una profonda analisi psicologica di questi
giovani “incerti e turbati”. Che dire poi dell’ultima casta dei
giovani, fra i 16 e i 20 anni, presunti menefreghisti, privi “dei
valori di una volta”?
Però c’è un dato certo: i giovani sono il futuro, sono coloro che
costruiranno il mondo di domani, bello o brutto che sia.
A 18 anni sono di fronte ad una scelta, la più importante della
vita: decidere cosa ne sarà di loro, della loro esistenza, della
loro vita, del loro mondo, dei loro ideali e delle loro ambizioni.
Quindi è normale che possano apparire incerti e turbati, è una
decisione importante. Sono giovani, come eravamo noi alla loro età,
con le stesse paure, con gli stessi valori, ideali ed ambizioni, che
però spesso e volentieri vengono distrutti dalla realtà quotidiana.
Loro sono il nostro domani, devono essere presi in considerazione,
ascoltati, compresi. Ma ciò non avviene, perché si estremizza tutto
ciò che sono solo eccezioni e frange ristrette. Se i giovani
sapessero di avere più opportunità, maggior fiducia, forse non
apparirebbero così estranei alle precedenti generazioni. I giovani
credono nell’amore, nell’amicizia, nella vita, non sono
menefreghisti. Forse sono più attaccati ai beni materiali, ma sono
del resto figli del boom economico e tecnologico. Il mondo del
lavoro oggi richiede talento, impegno, sacrificio. All’università
c’è chi rimane per lungo tempo, per scansare il lavoro ed illudersi
di poter continuare a divertirsi. Tutto a carico dei genitori e
della società. Ma per chi si impegna, chi è preparato, cosa troverà
sul mercato?
Non sempre pensiamo a com’eravamo noi alla loro età, alle nostre
incertezze di allora, alle esitazioni. Solo così riusciremo a
guardare loro con maggior comprensione e simpatia, loro saranno ciò
che anche noi avremo contribuito a crescere, a formare. Avranno nel
cuore desideri, sogni, volontà di fare e di conoscere se avremo
saputo aiutarli a leggere in se stessi, se li avremo guardati con un
occhio sereno, cercando di cogliere la meta che pensano di
raggiungere, senza volergliela imporre. Di questi ragazzi ce ne sono
tanti, altri sono invece in difficoltà, spesso perché nessuno si è
mai preso la briga di ricercare, di capire che cosa c’è nel loro
cuore e nella loro mente, e questa, come adulti, è la nostra
responsabilità più grande.
Ma il Rotary ha dato una risposta a queste esigenze, lo ha fatto
quando nell’arco della sua storia ha evidenziato progetti specifici
per i giovani, l’Interact, che purtroppo non ha avuto, nell’intera
area italiana, quello sviluppo che poteva essere auspicabile.
Dobbiamo però, con un’analisi della realtà locale, verificare se c’è
spazio per un’azione in questa delicatissima fase di età
adolescenziale fra i 14 e i 18 anni. Esistono nel nostra distretto 7
club efficienti di Interact. Mi è stata comunicata l’intenzione e la
possibilità, da parte di un altro club, di realizzare un altro club
Interact. È un fatto positivo.
Il Rotaract: posso dire, dopo averli incontrati in tutte le loro
iniziative distrettuali e nelle visite ai club che abbiamo veramente
nel Rotaract giovani bravi, impegnati, capaci di dimostrare la loro
determinata volontà di coniugare la giusta gioia di vivere nella
realtà del loro tempo e contemporaneamente di impegnarsi sul filo
dei valori rotariani etico-professionali e di servizio agli altri.
Abbiamo lavorato molto insieme e ringrazio l’amico Alberto Stancari
e tutti i Club Rotaract del Distretto. I rotariani devono continuare
a credere in questo progetto, aiutandoli innanzitutto nel
mantenimento dell’effettivo. Quest’anno avevamo un obiettivo, i
primi dati ci dicono che c’è stata un’inversione, quella di bloccare
l’uscita di tanti rotariani non sufficientemente sostituiti da nuovi
giovani. E questo è uno dei problemi più importanti degli ultimi
anni. Allora dobbiamo sempre coinvolgerli in iniziative comuni. C’è
una grande potenzialità nei nostri giovani, non disperdiamola,
tesaurizziamo le loro qualità per il futuro del Rotary.
La nostra organizzazione – l’abbiamo sempre detto – si basa su
membri impegnati, competenti ed esperti, e cioè su quei migliori
elementi ai quali faceva riferimento Paul Harris fin dai primi passi
del Rotary. Questa è la base del Rotary, quella che non dobbiamo mai
dimenticare ogni volta che pensiamo al reclutamento di nuovi soci
proprio in una società che sta attraversando un momento difficile,
dove l’individualismo sta imponendosi e dove l’amore per se stesso
porta l’uomo a non accorgersi di ciò che avviene oltre il proprio
ambito. Di qui anche la constatazione, che il quesito su quale
Rotary vogliamo, quello della quantità o quello della qualità, tesi
che alternativamente trova spazio nel dibattito, sia un falso
problema, occorre rapportare l’esigenza al principio fondamentale
del servizio e della sua qualità.
Uno degli elementi oggetto di approfondimento durante l’assemblea
mondiale, era che senz’altro dobbiamo privilegiare un servizio
sostenuto da una moltitudine che, grazie alla sua dimensione
culturale e professionale, può dare al nostro lavoro un valore ed
un’efficacia maggiore, con un’incognita: la conoscenza che i
rotariani hanno del Rotary. La conoscenza approfondita delle regole
è la principale garanzia per delle scelte ponderate, non
avventurose, scelte capaci di consolidare un effettivo dei club
ricco di valori.
Di qui è scaturita la proposta di fare della formazione il tema
annuale. Innanzitutto quindi formazione rotariana, con l’invito a
tutti i club ad inserire stabilmente la figura dell’istruttore di
club e di prevedere un programma di informazione e formazione.
Nei recenti incontri per raggruppamento, ho potuto constatare che
tutti hanno programmato momenti di formazione rotariana, con la
conferma per la maggior parte, che le serate nelle quali si
affrontavano argomenti di approfondimento sul Rotary, erano le più
interessanti e vivaci, con apprezzamento generale. Quindi la scelta
è stata giusta.
Come nel Rotary la formazione può migliorare la qualità del servire,
così nell’ambito professionale di ognuno di noi il livello di ogni
azione, di ogni progetto, sarà tanto più qualitativamente valido
quanto più concreta e ricca sarà la base culturale di chi lo avrà
realizzato. Noi oggi abbiamo questa necessità, non abbassare la
qualità se non vogliamo che la società perda la capacità di
progredire e di diventare più funzionale ai bisogni dell’uomo. La
formazione è un’esigenza continua per ogni professione.
I giovani hanno sempre più la necessità di approfondire la loro
formazione nell’ambito della propria carriera lavorativa e noi
dovremmo preoccuparci che siano fornite loro non solo nozioni
tecniche e culturali ma anche e soprattutto etiche. Lo sviluppo
cambia radicalmente gli scenari perché si prospettano opportunità
nuove ed inedite che innestano cambiamenti non solo tecnologici ma
sicuramente anche di ordine sociale, ecco che allora quei valori dei
quali parliamo (morali, etici, di nuova convivenza) vanno
riposizionati perché se l’evoluzione non può essere fermata,
tuttavia non possiamo subirla acriticamente. Allora anche la
formazione può correre il rischio di orientarsi quasi esclusivamente
verso una cultura scientifica finalizzata all’utile immediato mentre
dobbiamo dare un’anima allo sviluppo che ne rispetti si la
modernità, pur non rinunciando ad un’etica immutabile sui valori
permanenti, ma nuova nella capacità di eliminare gli oltranzismi
integralisti.
A Montecatini abbiamo parlato di E-Learning, formazione a distanza,
apprendimento attraverso strumenti tecnologici multimediali e
telematici, con i quali poter accedere a servizi didattici
integrati.
Ringrazio la Commissione distrettuale per la formazione, per aver
organizzato questa interessante e stimolante giornata di lavoro. In
particolare devo ringraziare pubblicamente l’amico Bellandi,
Presidente della Commissione ed entusiasta protagonista di modelli
formativi distrettuali e che i giovani del RYLA, dopo la sua
relazione, hanno definito: affascinante, coinvolgente, carismatico e
brillante.
Il RYLA, sotto la guida ormai esperta e consolidata dell’amico Italo
Minguzzi, ha affrontato il tema “Dalla specializzazione al capitale
umano”. È stata una splendida settimana di lavoro, di conoscenza di
nuove opportunità, di amicizia, per 75 giovani del nostro Distretto.
Ancora una volta il RYLA ha risposto alle aspettative, come
testimoniano i tanti riferimenti che i partecipanti hanno fatto
successivamente durante le conviviali nei Clubs Sponsor. Un
portavoce dei gruppi di lavoro ha commentato: “Il tema fondamentale
del RYLA di quest’anno è stato affrontato da relatori competenti e
stimolanti, che hanno saputo indicarci l’iter per giungere ad una
formazione professionale attenta e consapevole. Le obiezioni da
parte nostra, la disponibilità al dialogo da parte dei relatori,
hanno sottolineato che la vera formazione parte e si sviluppa dal
confronto”. Come dice Deiana, bisogna essere come un uomo del
Rinascimento, con conoscenze vastissime, ma anche essere bravissimi
in un microsegmento di attività. Duttilità, capacità di apprendere
in fretta, disponibilità al cambiamento, sono questi gli elementi
fondamentali per quella rivoluzione culturale oggi sempre più
indispensabile e che ha nella formazione continua, non solo robotica
ma anche con grande valenza umanistica, il suo presupposto
essenziale.
Un altro compito importante, sollecitato dal Presidente
Internazionale era quello di sostenere, come sempre, la Fondazione
Rotary.
La Fondazione Rotary oggi è una realtà importante, con una missione
precisa quindi, quella di sostenere gli sforzi del Rotary
International per conseguire lo scopo del Rotary e nel promuovere
l’intesa fra i popoli mediante programmi culturali, educativi,
umanitari, condotti sia a livello locale che internazionale.
Avevamo cinque obiettivi:
Primo obiettivo: mantenere la promessa dell’eradicazione della polio
per il 2005. Abbiamo raggiunto risultati eccezionali come Distretto,
con il grande lavoro di raccolta dell’anno 2002/2003, il nostro
Distretto è secondo in Italia. La straordinarietà dell’impresa ha
avuto quindi una grande risposta da parte dei rotariani a
testimonianza della loro generosità, tesa a migliorare la qualità
della vita di milioni di persone: 2 miliardi di bambini vaccinati.
Nell’ultimo numero Rotary World riferisce che nel Niger sono stati
vaccinati in due giornate 3 milioni di bambini, questi non si
ammaleranno più di poliomielite.
Secondo obiettivo: far conoscere la Fondazione Rotary, è
fondamentale. Per avere la determinazione a sostenere la Fondazione
bisogna che sia conosciuta. Per questo scopo abbiamo organizzato tre
incontri: a Cento prima dell’inizio dell’anno, con la finalità di
aiutare i club a predisporre progetti specifici, a Prato e a Rimini
con ulteriori momenti di verifica e rilancio dell’azione.
In questi incontri, oltre 500 dirigenti rotariani hanno partecipato
e dialogato per dare più forza alla Fondazione.
Terzo obiettivo: sostenere il Presidente Majiyagbe nella lotta
contro la povertà, la fame e l’analfabetismo. I club hanno
realizzato tanti services su queste priorità a livello locale e
mondiale.
Quarto obiettivo: valorizzare gli anziani del Rotary ex borsisti,
partecipanti EGE, volontari del Rotary. Abbiamo, fra le altre cose,
realizzato l’albo dei volontari, un albo dei volontari disponibile
nel Distretto per iniziative umanistiche e di alfabetizzazione, a
cui fare riferimento per progetti specifici.
Quinto obiettivo: un dono per ogni anno. Nel 2005 ci viene chiesto
un contributo di 100 dollari per socio. Avevamo proposto di arrivare
ad una cifra intermedia quest’anno, attorno agli 80 dollari.
Tantissimi club hanno già raggiunto e qualcuno superato i 100
dollari. Sono molti i club quindi che si sono impegnati. Ricordiamo
che per poter accreditare a quest’annata i versamenti, dobbiamo
farlo entro il 30 giugno. Complessivamente lo scorso anno, fra fondo
annuale e Polio Plus, siamo stati il secondo Distretto nel mondo
come contribuzione. Credo che sia un grande goal. Dai risultati
parziali possiamo sperare di ripeterci anche nel 2003/2004.
Sui risultati ottenuti, parlerà poi, nella sessione specifica,
l’amico Pietro Pasini, Presidente della Commissione Distrettuale
della Rotary Foundation.
Vorrei sottolineare anche la risposta data dai club alla proposta
fatta dalla Commissione Distrettuale Matching Grants per le macchine
produttrici del latte di soia. Sicuramente, con i risultati
ottenuti, tanti bambini argentini potranno vedere migliorata la
propria condizione nutrizionale in un momento di grande difficoltà
economica.
Ma qui voglio aprire un inciso. Quest’anno, voi sapete che, per
iniziativa dei coniugi rotariani, è stata lanciata l’idea dei
biglietti di Natale: “Natale per l’infanzia”. Ebbene, io posso
comunicare che a tutt’oggi sono arrivati contributi per 56.000 euro.
Credo che le nostre signore hanno fatto un ottimo lavoro. Non solo,
avete visto che nella hall, c’è una galleria di quadri che sono gli
originali di quei biglietti; tantissimi sono già stati venduti a un
buon prezzo, andranno ad aumentare il ricavato che sarà destinato a
progetti nutrizionali per bambini, a pozzi d’acqua potabile in
Africa e in diverse nazioni, nonché per progetti di alfabetizzazione
sempre per l’infanzia.
Un’altra stupenda realtà del nostro Distretto, che ancora una volta
vorrei sottolineare è l’appartenenza alla culla della civiltà
italiana, così conosciuta nel mondo e che anche il Presidente, Paolo
Costa, riconobbe quando venne in Italia, affermando che il Distretto
2070 era il portabandiera della cultura nel mondo.
La storia, l’arte, la cultura, la scienza, espresse dagli uomini di
questa splendida terra, rappresentano un patrimonio unico. Dobbiamo
ringraziare le innumerevoli azioni che i nostri club da sempre fanno
per la tutela, la valorizzazione e la fruibilità di tante
testimonianze culturali.
Vorrei in questa occasione però ricordare quella che rappresenta un
po’ il fiore all’occhiello, e che è stato anche definito il Nobel
per la Letteratura Italiana: il Premio Galilei, che, come dice Sani,
è stato ideato, creato, amato e fatto crescere con sacrificio e
abnegazione, come si farebbe con un figlio, dall’indimenticabile
Tristano Bolelli, e che ha ormai una lunga storia ed ha raggiunto un
prestigio internazionale indiscusso tale da inserirlo fra gli eventi
più apprezzati da tutti coloro che si propongono di diffondere la
conoscenza della cultura italiana. La formula del premio conferma
l’originalità intuitiva del suo fondatore. È estremamente
significativo e interessante vedere come viene letta la cultura
italiana da studiosi stranieri che l’hanno approfondita, apprezzata,
ammirata. La ricchezza culturale italiana, della quale il Rotary
deve farsi portatore nei suoi progetti, nei suoi obiettivi,
nell’ambito della comunità mondiale alla quale appartiene, non può
che trovare sostegno da questo evento che tende a far conoscere
l’Italia non solo agli stranieri, ma anche agli italiani, che
attraverso le loro parole dovrebbero riscoprire di quale grande
patrimonio culturale sono gli eredi, tramite ciò che dell’Italia
apprezzano gli stranieri. E vorrei ricordare alcune frasi di questi
studiosi che hanno vinto il Premio Galilei, incominciando da quello
che disse Singleton: “Caddi in una tremenda cotta per la letteratura
italiana”, oppure come Buk, che analizzava questo spartiacque nel
quale la letteratura italiana trovò i fondamenti rappresentati da
tre grandi pilastri: Dante, Petrarca e Boccaccio, sottolineando il
ruolo del Petrarca come padre dell’umanesimo. Questo è
importantissimo, perché gli umanisti sono visti non come
intellettuali estranei alla vita sociale e isolati nella torre
d’avorio, ma come membri della società consapevoli della loro
responsabilità di fronte al prossimo e impegnati nella vita attiva
politica. Questa prosa umanistica espresse il suo valore per il
grande intento morale esploso in una concezione della vita che
doveva attuarsi nell’esistenza individuale, nella famiglia, nella
convivenza sociale, nella società, nell’ordine statale. Attraverso
questa lettura, possiamo comprendere cosa ha dato l’Italia al mondo
per renderlo più umano e noi cosa, attraverso queste parole, il
Rotary può ancora dare al mondo, promuovendo e consolidando
occasioni come questa, che sicuramente va a merito di tutti i
distretti italiani, ma in particolare del Rotary Club di Pisa che lo
organizza ogni anno.
Facendo poi un altro percorso nella storia della scienza italiana,
da Adelman sentiamo affermare: “Nessuno studioso della storia e
della scienza potrebbe infatti lavorare senza riconoscere ben presto
che i contributi degli scienziati italiani, attraverso tutti i
secoli, sono stati di grado elevatissimo”. Quanti in Italia sono
disponibili a riconoscere ciò? Forse di più gli stranieri.
Oppure Stilman Drake, che nel 1984 dice che per chi, come lui, vive
in California, “è stata una vera fortuna per noi che l’amore
dell’utilità, della bellezza, virtù gemelle tanto care agli
italiani, siano diventate parte integrante della nostra stessa
cultura”. È un grande riconoscimento, forse per ammirazione ed
esaltazione di quel grande genio italico che è stato Galileo
Galilei.
Come ultimo riferimento, vorrei ricordare quello di Toubert, che
disse: “È diventato parte essenziale, secondo me, del nostro compito
di storici, non soltanto formare studenti, promuovere scienze
sofisticate, scrivere libri più o meno leggibili e comunque ad uso
intero di pochi e coraggiosi colleghi. Dobbiamo attuare nel pubblico
una sensibilità sempre più acuta, un rapporto sempre più intimo di
comunanza con tali ricchezze culturali delle quali certo l’Italia è
la più ricca di ogni altro paese.” Il nostro Distretto è il più
ricco culturalmente di tutti gli altri distretti del mondo.
E allora noi rotariani, come possiamo non essere eredi responsabili
di questa tradizione e capaci di portarla avanti?
Quando parliamo di cultura, noi siamo di fronte a dei problemi che
come rotariani conosciamo. I problemi della cultura, della scienza,
dell’educazione, non si presentano in maniera indipendente dagli
altri problemi dell’esistenza umana, quali la pace, la fame, e il
Rotary da anni lotta per la pace e per risolvere il problema della
fame. Noi parliamo di lotta all’analfabetismo, è una lotta per
combattere contro la povertà; sottolineare la priorità
dell’educazione, significa riconoscere che i programmi per lo
sradicamento della povertà e delle grandi malattie, non possono non
partire da un’attenzione alla persona, unica e irripetibile,
considerata all’interno delle sue relazione primarie, come la
famiglia, o secondarie come la comunità locale. Ogni persona, ogni
comunità, per quanto carente, rappresenta una ricchezza e presenta
un suo patrimonio. Questo principio di metodo tende a valorizzare e
a rafforzare ciò che le persone hanno costruito, la loro storia, la
loro cultura, il loro patrimonio di vita. È un punto di partenza
fondamentale che consente di far capire alla persona il suo valore,
la sua dignità, e quindi ne stimola la responsabilità.
Solo con questa preoccupazione educativa i nostri progetti possono
mostrare nel tempo la loro efficacia, in quella stabilità che è
condizione per un vero sviluppo.
Per il Rotary è indiscutibile che questa sia la strada. Quella
grande missione del Rotary che è stata ininterrottamente portata
avanti da tanti rotariani, noi dobbiamo continuarla, perché la vita
di ogni uomo della terra sia secondo la dignità che gli è propria,
consapevoli che è la cultura lo specifico dell’essere uomo, ed è la
cultura che crea legame fra gli uomini. Come rotariani dobbiamo
compiere ogni sforzo per la tutela e l’affermazione della cultura
quale contributo decisivo alla costruzione di un mondo che sia
un’autentica dimora per l’uomo.
In conclusione vorrei ricordare una considerazione di Chesterton.
“Il Rotary ha sempre cercato di focalizzare i propri pensieri su
questioni riguardo alle quali i soci fossero tutti d’accordo,
piuttosto che su quelle che potevano suscitare disaccordo. Il Rotary
si è sempre occupato dello studio sulla riconciliazione degli
interessi in conflitto ed è riuscito a fare miracoli in tal senso,
tramite il semplice espediente di riunire insieme le parti opposte e
rivali, nell’atmosfera di vera amicizia.”
Quando uno è scelto, si impegna con determinazione; se uno si offre,
spesso vuole un compenso e non sempre si impegna con la stessa
determinazione, mentre noi sappiamo che l’unico compenso per un
rotariano, oltre all’amicizia sulla quale deve poter contare, è
quello di sapere che anche una sola vita è resa migliore della
nostra.
Il Rotary, amici, non è una riserva indiana dove qualcuno vuole
confinarci come gli ultimi illusi che vogliono cambiare il mondo, ma
è costituito da attori estremamente attenti e coinvolti nella realtà
di una società in continua evoluzione. Noi dobbiamo assecondare
questo processo, ma con un’attenzione, cercando di non perdere
nessuno lungo il percorso, anzi cercando di aggregare chi è fuori da
questo processo di benessere, favorendone l’estensione
progressivamente anche a chi ne è oggi escluso.
Il Rotary è cultura del bene, della libertà, della dignità, del
rispetto della persona e del servire, e innanzitutto cultura della
vita.
Permettetemi di chiudere leggendo con voi quel bellissimo inno alla
vita che ha scritto Madre Teresa di Calcutta:
“La vita è un’opportunità, traine profitto.
La vita è bellezza, ammirala.
La vita è un sogno, realizzalo.
La vita è una sfida, accettala.
La vita è un dovere, compilo.
La vita è un gioco, giocalo.
La vita è dolore, superalo.
La vita è un’avventura, osala.
La vita è un canto, cantalo.
La vita è un mistero, scoprilo.
La vita è felicità, meritala.
La vita è vita, preservala”.
Noi, con le nostre mani tese, possiamo fare tanto per questo
obiettivo.
Grazie amici.
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