Relazione di Sante Canducci al XXXII Congresso del Distretto 2070
Repubblica di San Marino, 14-15-16 Maggio 2004
Amici, Carlo Monticelli, rappresentante del Presidente Internazionale ha detto che i saluti vanno fatti una sola volta. Rispetterò questo mandato, vista l’autorevolezza dalla quale proviene, e quindi al mio saluto iniziale vorrei solo aggiungere un ideale abbraccio di amicizia con tutti voi.
Io credo che ogni occasione nella quale abbiamo la possibilità di ricordare gli obbiettivi raggiunti, ma anche di riflettere e ulteriormente approfondire alcuni temi estremamente importanti per la nostra azione, diventa un appuntamento da non perdere.
Inoltre, questi incontri, come qualcuno ha già ricordato, servono per ritrovare amici, per incontrarne nuovi, per approfondire la nostra conoscenza e, quindi dare forza al Rotary. Il Congresso Distrettuale ha anche questa funzione.
Permettetemi di iniziare facendo un piccolo parallelo, molto libero, partendo da una frase attribuita a San Marino e che è possibile leggere nelle pareti del nostro Palazzo Pubblico: “Relinquo vos liberos ab utroque homine”, questo è il messaggio che il nostro fondatore ci ha lasciato: liberi da ogni potere esterno a noi.
C’era infatti il rischio di essere sopraffatti, o dal potere della Chiesa o dal potere imperiale, e quindi lì sono le radici della nostra autonomia, da questo mandato del Fondatore. Da allora sono trascorsi 1.703 anni di storia della piccola Repubblica di San Marino.
Mi piace iniziare con questa frase che rappresenta l’imprimatur della nostra sovranità, ma che potrebbe essere benissimo rapportata anche al Rotary, un’associazione che raggruppa persone di diverse professioni, senza restrizioni di fede religiosa o idee politiche, con un assoluto rispetto dell’opinione altrui, nella sua identità sovranazionale di grande potenza internazionale del bene – come ormai mi è abituale definirlo – che non dipende da nessuno, ma che ha nei suoi soci gli unici artefici del proprio successo, quindi nella sua autonomia del servire.
In una sua recente lettera inviata a tutti i governatori, il Presidente Majiyagbe dice: “Puoi essere fiero dei risultati che abbiamo conseguito quest’anno, sia come leader al servizio della comunità che come membri del dream-team. Nei miei viaggi ho avuto modo di vedere di persona come ovunque i rotariani contribuiscano a migliorare le condizioni di vita nel pianeta. Tanto che entro la fine di quest’anno avremo raggiunto nuovi vertici di servizio e di impegno. Sono felice che il 2003/2004 sia stato un anno in cui l’intelligenza, la compassione, la competenza di tutti i distretti, hanno contribuito al progresso della missione rotariana nel mondo. Ti chiedo di continuare e creare opportunità di tendere la mano, poiché non c’è limite a quanto possono ottenere le mani tese del Rotary”.
Questo era il messaggio che ci aveva affidato il Presidente durante l’assemblea mondiale. Queste tre parole esprimono ciò che per noi è comune: venire in aiuto per la fraternità e il servizio, e quindi ci disse di tendere la mano ovunque fosse necessario, nel lavoro, nel nostro club, ai colleghi rotariani, nelle nostre realtà e nel mondo. È un gesto semplice, ma spesso è ciò che ci vuole per cambiare la vita di un individuo.
Nel mio lungo percorso attraverso il più grande Distretto del mondo come numero di soci, ho potuto constatare che il gesto delle mani pronte ad aiutare è una grande e splendida realtà.
L’attenzione alla comunità locale, molto mirata ed utile, rappresenta la risposta più coerente dei rotariani all’accusa ingenerosa che ci viene fatta e cioè di essere un club chiuso, di persone facoltose, che pensano al proprio benessere e si compiacciono di fare anche beneficenza. Nella constatazione di quanto attivi sono i nostri club, c’è la miglior risposta di chi da ormai cento anni cerca di migliorare le condizioni di vita di altri meno fortunati, per portare armonia, pace, gioia di vivere.
La differenza sostanziale fra noi e altre forme associative, sta nel fatto che pur facendo anche beneficenza, i nostri scopi sono diversi, altrimenti non ci sarebbe bisogno del Rotary.
L’aiuto che dobbiamo dare a chi ha bisogno, come dice un nostro socio, non deve essere elemosina, ma deve essere collaborazione, con derivazione latina dall’affaticarsi insieme, ovvero con attività svolte in aiuto ad altra persona o alla collettività, con il concetto chiaro del servire non come dipendenza ma come gesto permeato di un’autentica pari dignità.
L’amicizia fra i soci, la rettitudine negli affari e professioni, l’impegno al servizio verso gli altri e la società, la comprensione fra i popoli e la pace, restano i pilastri del Rotary. Tantissime sono state le iniziative intraprese, progettate, realizzate, avviate, e poi trasferite alle pubbliche istituzioni, che le hanno fatte proprie, come ad esempio gli ambulatori per gli extracomunitari cinesi a Firenze.
L’attenzione verso la conservazione, il recupero, la fruibilità pubblica di tante opere d’arte, dimostrano una sussidiarietà verso un problema che le istituzioni non riescono a risolvere, ponendoci tutti di fronte al rischio di dover perdere tante testimonianze di una storia grande della quale il nostro distretto è estremamente ricco.
Il recupero spesso si rivolge anche all’arte povera, c’è un club che restaurerà e catalogherà le immagini delle vie votive che testimoniano la fede e la devozione che hanno caratterizzato secoli di storia delle piccole comunità.
I recuperi ambientali, le attenzioni contro il degrado, sono per i rotariani altri punti di grande preoccupazione. In alcuni casi sono stati proposti e consegnati alle istituzioni progetti definiti in ogni parte, fino agli esecutivi e la direzione dei lavori, tutto fatto dai soci senza compenso, utilizzando le ricchezze delle diversità professionali, nella speranza che questo stimolo possa portare alla soluzione di tanti problemi. In molti casi sono riusciti anche a trovare le risorse per realizzarli.
Numerose sono le iniziative umanitarie e sociali fatte nei confronti di fasce della popolazione con problemi importanti di salute e disabilità. Del resto il Rotary è dal 1913 che si occupa di questo particolare settore. Nell’ambito sanitario, sono stati innumerevoli gli interventi fatti anche tramite la fornitura di attrezzature per reparti ospedalieri o con ambulanze per migliorare l’assistenza nelle emergenze.
Vorrei anche sottolineare che, per fare il bene, con grande originalità e fantasia, i rotariani sono capaci di trasformarsi in attori, sceneggiatori, registi, produttori, come ad Arezzo, per procurarsi risorse e confermare che, quanto disse Mayers di fronte alla domanda: “Che cosa fanno i rotariani?”, e lui rispose: “Tutto”, è veramente una realtà.
Vi è poi la grande solidarietà internazionale, operata attraverso la Rotary Foundation, o direttamente individuando iniziative per i paesi in via di sviluppo, proprio negli ambiti raccomandati dal Presidente Internazionale, con l’invito a tendere la mano nella lotta contro la povertà, l’analfabetismo e la malattia. Il più grande progetto umanitario della storia, la campagna Polio Plus, finalizzata alla eradicazione di questa malattia, sta per concludersi. Il nostro Distretto ha risposto in modo veramente encomiabile.
Ma accanto a questa grande operazione, ve ne sono migliaia, molto più piccole ma sicuramente meritevoli di attenzione, perché ove arrivano possono risolvere enormi problemi di sopravvivenza o di qualità di vita: ridare la vista ai ciechi operandoli di cataratta, procurare acqua potabile dove si muore a causa di acqua infetta che, fra l’altro rende inefficaci anche tanti progetti nutrizionali; procurare libri, aiutare insegnanti, contribuire ai costi per l’educazione, sono altrettante iniziative che i clubs stanno facendo ovunque nel mondo.
Ma un richiamo dobbiamo farcelo: povertà, analfabetismo, malattie, possono essere anche più vicini a noi e non solo nei paesi in via di sviluppo, forse però più nascosti, e coinvolgono persone che non vogliono talvolta mostrarsi per vergogna o anche per degrado fisico e psichico.
Facciamo allora un’attenta analisi a 360 gradi dei bisogni reali ed impegnamoci come sappiamo fare da ormai da cento anni per eliminarli. Non si finirebbe mai di ricordare le iniziative realizzate, mi limito ad elencarne alcune oltre a quelle già dette. La festa per la nascita del tricolore come bandiera nazionale; il premio alla qualità e all’eccellenza della capacità creativa degli italiani come il Premio Columbus; la celebrazione della fondazione dell’esercito italiano e le tantissime manifestazioni in ricordo dei caduti di Nassirya tese ad onorare l’esercito nel suo ruolo di pace, fino al sacrificio della vita in nome della libertà e della democrazia.
La varietà degli interventi proposti dai nostri club, dai nostri rotariani, è tale e tanta da confermarci, se ce ne fosse bisogno, che il Rotary è questa grande forza.
Noi questo siamo in grado di farlo perché possiamo contare innanzitutto su una base forte e consolidata.
Quest’anno, ancora una volta, anche se i dati ovviamente non sono definitivi, il saldo è attivo, i soci sono aumentati.
Credo che anche questo sia significativo così come lo è l’ingresso nella famiglia rotariana di due nuovi club: il Ravenna Galla Placidia e il Forlì Tre Valli. Sono due bellissime realtà che potranno esprimere i nostri obiettivi con forza e tanta azione rotariana.
I temi che oggi dobbiamo affrontare, sono stati i temi conduttori di questa annata.
Quando parliamo di pace, noi abbiamo un punto di riferimento molto chiaro e preciso ed è l’ultima frase dello scopo del Rotary: “propagare la comprensione reciproca, la buona volontà, la pace fra nazione e nazione, mediante il diffondersi nel mondo di relazioni amichevoli fra persone esercitanti le più svariate attività economiche e professionali, unite nel comune proposito e nella volontà di servire.”
Facciamo una breve cronistoria di quanto il Rotary ha fatto per la pace.
Con l’avvicinarsi della prima guerra mondiale, nel 1914 adottò una risoluzione a sostegno di una Conferenza internazionale di pace, richiedendo ai rotariani di sostenere il Movimento di pace internazionale. Il primo segretario del Rotary sollecitò i rotariani a promuovere una campagna di pace “riunendo in amicizia i grandi ordini fraterni, la stampa, la Chiesa, le istituzioni educative e tutte le istituzioni commerciali, in modo da creare un sentimento pubblico che, in ragione del suo stesso impegno e della sua portata, potesse indurre i governanti ad un momento di pausa e di riflessione ben prima di dichiarare nuovamente una guerra, una volta risolti i problemi del momento.”
Non riuscì ma il Rotary ci provò. Ai rotariani venne comunque richiesto di agire come operatori di pace nell’ambito delle rispettive comunità, discutendo all’interno dei club le modalità per conseguire la pace internazionale.
Nella convenzione del 1917, Paul Harris disse: “È più facile suscitare l’interesse dell’uomo per la guerra che per la pace; per questo è necessario maggior coraggio morale per parlare di pace piuttosto che di guerra”.
Durante la stessa convenzione, Kalempth propose l’istituzione di un fondo: “per operare il bene nel mondo”. Fu l’inizio della Fondazione Rotary.
Gli effetti della guerra però suscitarono il desiderio di specificare tra le priorità del Rotary la ricerca della pace. “La guerra comunque era stata preziosa, in quanto ci aveva insegnato a comprendere il valore delle cose invisibili e a capire che la libertà non è mai troppo cara, a qualunque prezzo. Il Rotary aveva trovato il proprio posto fra le forze mondiali, fra le invisibili cose di valore che non possono essere misurate in dollari e centesimi. L’ispirazione è una fiamma che presto muore se non viene alimentata con la legna del servire.”
Nella convenzione di Los Angeles del 1922, i delegati approvarono la decisione di includere la pace nello scopo del Rotary. Di qui nacquero numerosi progetti di varia natura, intrapresi dal Rotary per la promozione di relazioni amichevoli e della comprensione fra le nazioni.
Nel 1942, una Conferenza internazionale organizzata dal Rotary, tenutasi a Londra, durante la seconda guerra mondiale, riunì 21 nazioni. Nella Conferenza si discusse del dopoguerra, e si discussero i progetti per un dopoguerra pacifico nel mondo e per lo sviluppo dell’istruzione, della scienza e della cultura. Da quell’incontro scaturì l’agenzia UNESCO, organizzazione delle Nazioni Unite.
Inoltre il Rotary partecipò alla costruzioni delle Nazioni Unite e Thomas Warrenn commentò questo evento dicendo: “L’invito rivolto al Rotary International di partecipare come consulente alla Conferenza delle Nazioni Unite, non è stato semplicemente un atto di cortesia e di rispetto verso una grande organizzazione, ma piuttosto il semplice riconoscimento del ruolo attivo che tutti i soci del Rotary hanno svolto e continueranno a svolgere nello sviluppo della comprensione internazionale fra le nazioni. C’era assolutamente bisogno della presenza dei rappresentanti del Rotary a San Francisco, e come voi tutti sapete il loro contributo è stato sostanziale per la redazione della Carta delle Nazioni Unite e in modo particolare per l’elaborazione delle disposizioni relative al Consiglio Economico e Sociale”. Ma c’è una frase che io voglio ricordare in questa occasione, la espresse Paul Harris nell’immediato dopoguerra, nel ’45: “Questo è il giorno del Rotary. Per la prima volta nella vita del movimento, le grandi potenze della terra sono ora seriamente interessate a promuovere la comprensione internazionale e la buona volontà fra i popoli. Questa è l’essenza del Rotary. Uscendo dall’era della giungla non possiamo in tutta coscienza puntare il dito del disprezzo l’uno contro l’altro. Lo spirito di tolleranza che ha consentito al Rotary di formare un’associazione internazionale di uomini d’affari e professionisti renderà possibile ogni cosa. È un privilegio vivere nell’anno 1945 e vivere in prima persona il grande risveglio. Questa è l’era rotariana”.
Il Rotary poi ha tantissime iniziative a favore della pace: il Premio Rotary per la Pace e l’intesa mondiale; i centri rotariani per gli studi internazionali sulla pace e la risoluzione dei conflitti; le borse di studio per gli ambasciatori del Rotary; lo scambio di gruppi di studio; lo scambio giovani, tutti con lo scopo primario di approfondire la reciproca conoscenza perché questo porta a capirsi e a superare le divisioni.
Vi è stata quest’anno un’iniziativa dei dieci Distretti italiani che si è svolta ad Assisi, nella città di San Francesco, che dell’impegno della sua vita per gli altri ne fece una scelta esclusiva. L’incontro che abbiamo realizzato ha voluto simboleggiare ancora una volta quelle tendenze umanistiche che ci dicono che l’uomo è incontro, è essere di comunicazione. L’incontro e il dialogo sono risorse per la pace.
Questo è l’impegno dei rotariani, questo è quel supporto sicuro e splendido per il quale vale la pena spendersi.
Come la virtù della speranza si incarna ed è presente negli uomini così fin dall’inizio il Rotary vive nel sogno di una speranza, quello della pace, e non è mai venuto meno all’impegno di perseguirla con ogni azione, a partire da ciò che ognuno di noi può fare iniziando dalla propria attività professionale, nell’ambito delle sfere decisionali nelle quali i rotariani, come “migliori elementi” – come disse Paul Harris - possono tentare di influire sulle scelte per migliorare le condizioni di vita di tanti esseri umani, aprendo in tal modo nuovi sentieri di pace, perché giustamente è stato detto: la strada che porta alla guerra è un’autostrada a quattro corsie, mentre quella che porta alla pace è un sentiero nella giungla, tortuoso e difficile.
Mi piace ricordare anche oggi una frase scritta in un muro di Sarajevo: “I bambini che hanno visto la guerra sono l’unica speranza per la pace”. E’ un atto di estrema fiducia nei giovani e nelle nuove generazioni. Ai giovani è affidato il futuro, proprio da aspirazioni come queste dobbiamo continuare a costruire la pace, pezzo dopo pezzo, delusione dopo delusione, speranza dopo speranza. Migliaia di persone aspettano da noi rotariani la speranza per riaccendere la fiamma della solidarietà e della pace.
Quando chiunque agisce in favore degli altri è operatore di pace.
Dobbiamo favorire in ogni modo l’incontro fra i giovani unici liberi da scorie e preconcetti e che hanno voglia di conoscersi meglio, questo ci è stato detto anche da un Governatore proveniente da Gerusalemme. La sintesi del messaggio che deriva da questo incontro di Assisi può essere espressa con le parole di Paul Harris quando disse: “Non esito ad affermare che la pace mondiale possa essere conseguita, resa stabile, se ancorata alla solida base del Rotary, fatta di amicizia, tolleranza e duttilità”.
Quest’anno abbiamo risposto ad un preciso invito del Presidente internazionale Mayijagbe: tendi la mano alla famiglia.
Nonostante gli effetti delle trasformazioni, delle nuove dinamiche della popolazione, concordo con chi afferma che nella molteplicità più o meno radicata delle forme che esprimono il pluralismo culturale della società del nostro tempo, la famiglia italiana in genere ha saputo resistere al richiamo della concorrenza di modelli alternativi, e sta affrontando il nuovo millennio nel segno di una tradizione ancorata ad un sistema di valori. Di fronte alla novità, ai condizionamenti economici, normativi e socio-culturali degli ultimi 25 anni, più che trasformarsi, si è difesa, e si può pensare che ciò che essa chiede alla società e alla politica è solo la possibilità di adattarsi al cambiamento e alle nuove problematiche di un mondo sempre più ricco di trasformazioni, senza per questo snaturarsi o doversi omologare a modelli che non sono propri della vita e della cultura del nostro paese. L’auspicio è che, vista l’importanza della posta in gioco, tale richiesta non resti inevasa.
Se la svolta di questi ultimi anni può aver sorpreso molti per intensità e rapidità sino a coglierci talvolta impreparati, il futuro può fare ancora di più. Affrontarlo con la consapevolezza delle dinamiche e delle problematiche, può certamente aiutarci a gestirlo e a vivere meglio.
La famiglia riveste un ruolo primario nella formazione ai valori morali dell’uomo e chiama in causa la capacità che essa ha di formare uomini liberi. “Educazione morale” è educazione colta sotto un particolare punto di vista, che tende a presentare un cammino che va dalla dipendenza all’autonomia, dall’istintualità alla libertà, dall’opportunismo alla responsabilità. Un cammino il cui obiettivo fondamentale è la promozione del bene. E’ il cammino del Rotary. Ancora una volta dobbiamo constatare come per noi dovrebbe essere naturale. Essere educatore ai valori morali significa cercare un rigore nella propria vita personale e sentirsi obbligati a “conformare la propria coscienza alla verità”.
Questo esige per la famiglia prima di tutto una continua formazione della propria coscienza, cioè la ricerca di senso da dare alla propria vita. La pigrizia, la voglia di ottenere risultati immediati sono ostacoli alla crescita, specie in un contesto ambiguo in cui spesso i valori e i disvalori si confondono, è difficile trovare la strada del bene ed ognuno di noi può sentire il disagio della difficoltà a discernere.
La difficoltà della comprensione del valore insito in certe realtà del nostro tempo, oltre che dalla realtà sociale e dalla stessa natura umana, deriva in modo determinante dalle agenzie educative oggi esistenti, che sono portatrici di messaggi multiformi e spesso contraddittori.
La famiglia ha un compito serio di integrazione con le varie agenzie educative.
Molto importante è il valore della vita associativa come momento di mediazione tra più soggetti educativi. Il Rotary può e deve inserirsi a pieno titolo fra questi. La base di per sé è rappresentata dai soci, nei club, dove recependo il messaggio del Presidente Majiyagbe dobbiamo dedicare – l’abbiamo detto durante tutta questa nostra annata – un’attenzione particolare alla famiglia, coinvolgendola, con i suoi componenti, nella vita rotariana, nella condivisione dei nostri progetti e della loro realizzazione. Così come non dobbiamo dimenticare i famigliari dei soci defunti. Possiamo ritrovare fin dall’inizio del Rotary un riconoscimento ai coniugi.
Vi ricordo una piccola nota tratta dal libro “La mia strada verso il Rotary”, Paul Harris raccontando dei primi incontri che avvenivano fra amici a rotazione in casa dell’uno o dell’altro, durante i quali si parlava, si progettava, si lavorava insieme, si discuteva, ad un certo punto dice: “Le donne servivano appetitosi pranzi e alla fine si guadagnarono così l’appellativo di «rotariane»”. La definirei una antesignana affermazione del concetto attuale di “Famiglia rotariana”, tutti possono contribuire per migliorare l’efficacia dell’azione rotariana.
Quest’anno tantissime esperienze, che mi sono state riferite nel secondo giro che ho fatto attraverso i club per valutare insieme a loro a che punto era la realizzazione dei progetti, hanno confermato che questo coinvolgimento è stato estremamente positivo.
Ma c’è un altro aspetto, che collegandosi ai vari componenti della famiglia rotariana non può essere dimenticato dal Rotary: è il ruolo dei giovani. I media amano straparlare dei giovani di oggi, trovando pretesti per accusare le nuove generazioni. Ad ogni fenomeno di massa, tragico o semicomico che sia, la televisione, il cinema, si tuffano a precipizio in una profonda analisi psicologica di questi giovani “incerti e turbati”. Che dire poi dell’ultima casta dei giovani, fra i 16 e i 20 anni, presunti menefreghisti, privi “dei valori di una volta”?
Però c’è un dato certo: i giovani sono il futuro, sono coloro che costruiranno il mondo di domani, bello o brutto che sia.
A 18 anni sono di fronte ad una scelta, la più importante della vita: decidere cosa ne sarà di loro, della loro esistenza, della loro vita, del loro mondo, dei loro ideali e delle loro ambizioni.
Quindi è normale che possano apparire incerti e turbati, è una decisione importante. Sono giovani, come eravamo noi alla loro età, con le stesse paure, con gli stessi valori, ideali ed ambizioni, che però spesso e volentieri vengono distrutti dalla realtà quotidiana. Loro sono il nostro domani, devono essere presi in considerazione, ascoltati, compresi. Ma ciò non avviene, perché si estremizza tutto ciò che sono solo eccezioni e frange ristrette. Se i giovani sapessero di avere più opportunità, maggior fiducia, forse non apparirebbero così estranei alle precedenti generazioni. I giovani credono nell’amore, nell’amicizia, nella vita, non sono menefreghisti. Forse sono più attaccati ai beni materiali, ma sono del resto figli del boom economico e tecnologico. Il mondo del lavoro oggi richiede talento, impegno, sacrificio. All’università c’è chi rimane per lungo tempo, per scansare il lavoro ed illudersi di poter continuare a divertirsi. Tutto a carico dei genitori e della società. Ma per chi si impegna, chi è preparato, cosa troverà sul mercato?
Non sempre pensiamo a com’eravamo noi alla loro età, alle nostre incertezze di allora, alle esitazioni. Solo così riusciremo a guardare loro con maggior comprensione e simpatia, loro saranno ciò che anche noi avremo contribuito a crescere, a formare. Avranno nel cuore desideri, sogni, volontà di fare e di conoscere se avremo saputo aiutarli a leggere in se stessi, se li avremo guardati con un occhio sereno, cercando di cogliere la meta che pensano di raggiungere, senza volergliela imporre. Di questi ragazzi ce ne sono tanti, altri sono invece in difficoltà, spesso perché nessuno si è mai preso la briga di ricercare, di capire che cosa c’è nel loro cuore e nella loro mente, e questa, come adulti, è la nostra responsabilità più grande.
Ma il Rotary ha dato una risposta a queste esigenze, lo ha fatto quando nell’arco della sua storia ha evidenziato progetti specifici per i giovani, l’Interact, che purtroppo non ha avuto, nell’intera area italiana, quello sviluppo che poteva essere auspicabile. Dobbiamo però, con un’analisi della realtà locale, verificare se c’è spazio per un’azione in questa delicatissima fase di età adolescenziale fra i 14 e i 18 anni. Esistono nel nostra distretto 7 club efficienti di Interact. Mi è stata comunicata l’intenzione e la possibilità, da parte di un altro club, di realizzare un altro club Interact. È un fatto positivo.
Il Rotaract: posso dire, dopo averli incontrati in tutte le loro iniziative distrettuali e nelle visite ai club che abbiamo veramente nel Rotaract giovani bravi, impegnati, capaci di dimostrare la loro determinata volontà di coniugare la giusta gioia di vivere nella realtà del loro tempo e contemporaneamente di impegnarsi sul filo dei valori rotariani etico-professionali e di servizio agli altri. Abbiamo lavorato molto insieme e ringrazio l’amico Alberto Stancari e tutti i Club Rotaract del Distretto. I rotariani devono continuare a credere in questo progetto, aiutandoli innanzitutto nel mantenimento dell’effettivo. Quest’anno avevamo un obiettivo, i primi dati ci dicono che c’è stata un’inversione, quella di bloccare l’uscita di tanti rotariani non sufficientemente sostituiti da nuovi giovani. E questo è uno dei problemi più importanti degli ultimi anni. Allora dobbiamo sempre coinvolgerli in iniziative comuni. C’è una grande potenzialità nei nostri giovani, non disperdiamola, tesaurizziamo le loro qualità per il futuro del Rotary.
La nostra organizzazione – l’abbiamo sempre detto – si basa su membri impegnati, competenti ed esperti, e cioè su quei migliori elementi ai quali faceva riferimento Paul Harris fin dai primi passi del Rotary. Questa è la base del Rotary, quella che non dobbiamo mai dimenticare ogni volta che pensiamo al reclutamento di nuovi soci proprio in una società che sta attraversando un momento difficile, dove l’individualismo sta imponendosi e dove l’amore per se stesso porta l’uomo a non accorgersi di ciò che avviene oltre il proprio ambito. Di qui anche la constatazione, che il quesito su quale Rotary vogliamo, quello della quantità o quello della qualità, tesi che alternativamente trova spazio nel dibattito, sia un falso problema, occorre rapportare l’esigenza al principio fondamentale del servizio e della sua qualità.
Uno degli elementi oggetto di approfondimento durante l’assemblea mondiale, era che senz’altro dobbiamo privilegiare un servizio sostenuto da una moltitudine che, grazie alla sua dimensione culturale e professionale, può dare al nostro lavoro un valore ed un’efficacia maggiore, con un’incognita: la conoscenza che i rotariani hanno del Rotary. La conoscenza approfondita delle regole è la principale garanzia per delle scelte ponderate, non avventurose, scelte capaci di consolidare un effettivo dei club ricco di valori.
Di qui è scaturita la proposta di fare della formazione il tema annuale. Innanzitutto quindi formazione rotariana, con l’invito a tutti i club ad inserire stabilmente la figura dell’istruttore di club e di prevedere un programma di informazione e formazione.
Nei recenti incontri per raggruppamento, ho potuto constatare che tutti hanno programmato momenti di formazione rotariana, con la conferma per la maggior parte, che le serate nelle quali si affrontavano argomenti di approfondimento sul Rotary, erano le più interessanti e vivaci, con apprezzamento generale. Quindi la scelta è stata giusta.
Come nel Rotary la formazione può migliorare la qualità del servire, così nell’ambito professionale di ognuno di noi il livello di ogni azione, di ogni progetto, sarà tanto più qualitativamente valido quanto più concreta e ricca sarà la base culturale di chi lo avrà realizzato. Noi oggi abbiamo questa necessità, non abbassare la qualità se non vogliamo che la società perda la capacità di progredire e di diventare più funzionale ai bisogni dell’uomo. La formazione è un’esigenza continua per ogni professione.
I giovani hanno sempre più la necessità di approfondire la loro formazione nell’ambito della propria carriera lavorativa e noi dovremmo preoccuparci che siano fornite loro non solo nozioni tecniche e culturali ma anche e soprattutto etiche. Lo sviluppo cambia radicalmente gli scenari perché si prospettano opportunità nuove ed inedite che innestano cambiamenti non solo tecnologici ma sicuramente anche di ordine sociale, ecco che allora quei valori dei quali parliamo (morali, etici, di nuova convivenza) vanno riposizionati perché se l’evoluzione non può essere fermata, tuttavia non possiamo subirla acriticamente. Allora anche la formazione può correre il rischio di orientarsi quasi esclusivamente verso una cultura scientifica finalizzata all’utile immediato mentre dobbiamo dare un’anima allo sviluppo che ne rispetti si la modernità, pur non rinunciando ad un’etica immutabile sui valori permanenti, ma nuova nella capacità di eliminare gli oltranzismi integralisti.
A Montecatini abbiamo parlato di E-Learning, formazione a distanza, apprendimento attraverso strumenti tecnologici multimediali e telematici, con i quali poter accedere a servizi didattici integrati.
Ringrazio la Commissione distrettuale per la formazione, per aver organizzato questa interessante e stimolante giornata di lavoro. In particolare devo ringraziare pubblicamente l’amico Bellandi, Presidente della Commissione ed entusiasta protagonista di modelli formativi distrettuali e che i giovani del RYLA, dopo la sua relazione, hanno definito: affascinante, coinvolgente, carismatico e brillante.
Il RYLA, sotto la guida ormai esperta e consolidata dell’amico Italo Minguzzi, ha affrontato il tema “Dalla specializzazione al capitale umano”. È stata una splendida settimana di lavoro, di conoscenza di nuove opportunità, di amicizia, per 75 giovani del nostro Distretto. Ancora una volta il RYLA ha risposto alle aspettative, come testimoniano i tanti riferimenti che i partecipanti hanno fatto successivamente durante le conviviali nei Clubs Sponsor. Un portavoce dei gruppi di lavoro ha commentato: “Il tema fondamentale del RYLA di quest’anno è stato affrontato da relatori competenti e stimolanti, che hanno saputo indicarci l’iter per giungere ad una formazione professionale attenta e consapevole. Le obiezioni da parte nostra, la disponibilità al dialogo da parte dei relatori, hanno sottolineato che la vera formazione parte e si sviluppa dal confronto”. Come dice Deiana, bisogna essere come un uomo del Rinascimento, con conoscenze vastissime, ma anche essere bravissimi in un microsegmento di attività. Duttilità, capacità di apprendere in fretta, disponibilità al cambiamento, sono questi gli elementi fondamentali per quella rivoluzione culturale oggi sempre più indispensabile e che ha nella formazione continua, non solo robotica ma anche con grande valenza umanistica, il suo presupposto essenziale.
Un altro compito importante, sollecitato dal Presidente Internazionale era quello di sostenere, come sempre, la Fondazione Rotary.
La Fondazione Rotary oggi è una realtà importante, con una missione precisa quindi, quella di sostenere gli sforzi del Rotary International per conseguire lo scopo del Rotary e nel promuovere l’intesa fra i popoli mediante programmi culturali, educativi, umanitari, condotti sia a livello locale che internazionale.
Avevamo cinque obiettivi:
Primo obiettivo: mantenere la promessa dell’eradicazione della polio per il 2005. Abbiamo raggiunto risultati eccezionali come Distretto, con il grande lavoro di raccolta dell’anno 2002/2003, il nostro Distretto è secondo in Italia. La straordinarietà dell’impresa ha avuto quindi una grande risposta da parte dei rotariani a testimonianza della loro generosità, tesa a migliorare la qualità della vita di milioni di persone: 2 miliardi di bambini vaccinati. Nell’ultimo numero Rotary World riferisce che nel Niger sono stati vaccinati in due giornate 3 milioni di bambini, questi non si ammaleranno più di poliomielite.
Secondo obiettivo: far conoscere la Fondazione Rotary, è fondamentale. Per avere la determinazione a sostenere la Fondazione bisogna che sia conosciuta. Per questo scopo abbiamo organizzato tre incontri: a Cento prima dell’inizio dell’anno, con la finalità di aiutare i club a predisporre progetti specifici, a Prato e a Rimini con ulteriori momenti di verifica e rilancio dell’azione.
In questi incontri, oltre 500 dirigenti rotariani hanno partecipato e dialogato per dare più forza alla Fondazione.
Terzo obiettivo: sostenere il Presidente Majiyagbe nella lotta contro la povertà, la fame e l’analfabetismo. I club hanno realizzato tanti services su queste priorità a livello locale e mondiale.
Quarto obiettivo: valorizzare gli anziani del Rotary ex borsisti, partecipanti EGE, volontari del Rotary. Abbiamo, fra le altre cose, realizzato l’albo dei volontari, un albo dei volontari disponibile nel Distretto per iniziative umanistiche e di alfabetizzazione, a cui fare riferimento per progetti specifici.
Quinto obiettivo: un dono per ogni anno. Nel 2005 ci viene chiesto un contributo di 100 dollari per socio. Avevamo proposto di arrivare ad una cifra intermedia quest’anno, attorno agli 80 dollari. Tantissimi club hanno già raggiunto e qualcuno superato i 100 dollari. Sono molti i club quindi che si sono impegnati. Ricordiamo che per poter accreditare a quest’annata i versamenti, dobbiamo farlo entro il 30 giugno. Complessivamente lo scorso anno, fra fondo annuale e Polio Plus, siamo stati il secondo Distretto nel mondo come contribuzione. Credo che sia un grande goal. Dai risultati parziali possiamo sperare di ripeterci anche nel 2003/2004.
Sui risultati ottenuti, parlerà poi, nella sessione specifica, l’amico Pietro Pasini, Presidente della Commissione Distrettuale della Rotary Foundation.
Vorrei sottolineare anche la risposta data dai club alla proposta fatta dalla Commissione Distrettuale Matching Grants per le macchine produttrici del latte di soia. Sicuramente, con i risultati ottenuti, tanti bambini argentini potranno vedere migliorata la propria condizione nutrizionale in un momento di grande difficoltà economica.
Ma qui voglio aprire un inciso. Quest’anno, voi sapete che, per iniziativa dei coniugi rotariani, è stata lanciata l’idea dei biglietti di Natale: “Natale per l’infanzia”. Ebbene, io posso comunicare che a tutt’oggi sono arrivati contributi per 56.000 euro. Credo che le nostre signore hanno fatto un ottimo lavoro. Non solo, avete visto che nella hall, c’è una galleria di quadri che sono gli originali di quei biglietti; tantissimi sono già stati venduti a un buon prezzo, andranno ad aumentare il ricavato che sarà destinato a progetti nutrizionali per bambini, a pozzi d’acqua potabile in Africa e in diverse nazioni, nonché per progetti di alfabetizzazione sempre per l’infanzia.
Un’altra stupenda realtà del nostro Distretto, che ancora una volta vorrei sottolineare è l’appartenenza alla culla della civiltà italiana, così conosciuta nel mondo e che anche il Presidente, Paolo Costa, riconobbe quando venne in Italia, affermando che il Distretto 2070 era il portabandiera della cultura nel mondo.
La storia, l’arte, la cultura, la scienza, espresse dagli uomini di questa splendida terra, rappresentano un patrimonio unico. Dobbiamo ringraziare le innumerevoli azioni che i nostri club da sempre fanno per la tutela, la valorizzazione e la fruibilità di tante testimonianze culturali.
Vorrei in questa occasione però ricordare quella che rappresenta un po’ il fiore all’occhiello, e che è stato anche definito il Nobel per la Letteratura Italiana: il Premio Galilei, che, come dice Sani, è stato ideato, creato, amato e fatto crescere con sacrificio e abnegazione, come si farebbe con un figlio, dall’indimenticabile Tristano Bolelli, e che ha ormai una lunga storia ed ha raggiunto un prestigio internazionale indiscusso tale da inserirlo fra gli eventi più apprezzati da tutti coloro che si propongono di diffondere la conoscenza della cultura italiana. La formula del premio conferma l’originalità intuitiva del suo fondatore. È estremamente significativo e interessante vedere come viene letta la cultura italiana da studiosi stranieri che l’hanno approfondita, apprezzata, ammirata. La ricchezza culturale italiana, della quale il Rotary deve farsi portatore nei suoi progetti, nei suoi obiettivi, nell’ambito della comunità mondiale alla quale appartiene, non può che trovare sostegno da questo evento che tende a far conoscere l’Italia non solo agli stranieri, ma anche agli italiani, che attraverso le loro parole dovrebbero riscoprire di quale grande patrimonio culturale sono gli eredi, tramite ciò che dell’Italia apprezzano gli stranieri. E vorrei ricordare alcune frasi di questi studiosi che hanno vinto il Premio Galilei, incominciando da quello che disse Singleton: “Caddi in una tremenda cotta per la letteratura italiana”, oppure come Buk, che analizzava questo spartiacque nel quale la letteratura italiana trovò i fondamenti rappresentati da tre grandi pilastri: Dante, Petrarca e Boccaccio, sottolineando il ruolo del Petrarca come padre dell’umanesimo. Questo è importantissimo, perché gli umanisti sono visti non come intellettuali estranei alla vita sociale e isolati nella torre d’avorio, ma come membri della società consapevoli della loro responsabilità di fronte al prossimo e impegnati nella vita attiva politica. Questa prosa umanistica espresse il suo valore per il grande intento morale esploso in una concezione della vita che doveva attuarsi nell’esistenza individuale, nella famiglia, nella convivenza sociale, nella società, nell’ordine statale. Attraverso questa lettura, possiamo comprendere cosa ha dato l’Italia al mondo per renderlo più umano e noi cosa, attraverso queste parole, il Rotary può ancora dare al mondo, promuovendo e consolidando occasioni come questa, che sicuramente va a merito di tutti i distretti italiani, ma in particolare del Rotary Club di Pisa che lo organizza ogni anno.
Facendo poi un altro percorso nella storia della scienza italiana, da Adelman sentiamo affermare: “Nessuno studioso della storia e della scienza potrebbe infatti lavorare senza riconoscere ben presto che i contributi degli scienziati italiani, attraverso tutti i secoli, sono stati di grado elevatissimo”. Quanti in Italia sono disponibili a riconoscere ciò? Forse di più gli stranieri.
Oppure Stilman Drake, che nel 1984 dice che per chi, come lui, vive in California, “è stata una vera fortuna per noi che l’amore dell’utilità, della bellezza, virtù gemelle tanto care agli italiani, siano diventate parte integrante della nostra stessa cultura”. È un grande riconoscimento, forse per ammirazione ed esaltazione di quel grande genio italico che è stato Galileo Galilei.
Come ultimo riferimento, vorrei ricordare quello di Toubert, che disse: “È diventato parte essenziale, secondo me, del nostro compito di storici, non soltanto formare studenti, promuovere scienze sofisticate, scrivere libri più o meno leggibili e comunque ad uso intero di pochi e coraggiosi colleghi. Dobbiamo attuare nel pubblico una sensibilità sempre più acuta, un rapporto sempre più intimo di comunanza con tali ricchezze culturali delle quali certo l’Italia è la più ricca di ogni altro paese.” Il nostro Distretto è il più ricco culturalmente di tutti gli altri distretti del mondo.

E allora noi rotariani, come possiamo non essere eredi responsabili di questa tradizione e capaci di portarla avanti?
Quando parliamo di cultura, noi siamo di fronte a dei problemi che come rotariani conosciamo. I problemi della cultura, della scienza, dell’educazione, non si presentano in maniera indipendente dagli altri problemi dell’esistenza umana, quali la pace, la fame, e il Rotary da anni lotta per la pace e per risolvere il problema della fame. Noi parliamo di lotta all’analfabetismo, è una lotta per combattere contro la povertà; sottolineare la priorità dell’educazione, significa riconoscere che i programmi per lo sradicamento della povertà e delle grandi malattie, non possono non partire da un’attenzione alla persona, unica e irripetibile, considerata all’interno delle sue relazione primarie, come la famiglia, o secondarie come la comunità locale. Ogni persona, ogni comunità, per quanto carente, rappresenta una ricchezza e presenta un suo patrimonio. Questo principio di metodo tende a valorizzare e a rafforzare ciò che le persone hanno costruito, la loro storia, la loro cultura, il loro patrimonio di vita. È un punto di partenza fondamentale che consente di far capire alla persona il suo valore, la sua dignità, e quindi ne stimola la responsabilità.
Solo con questa preoccupazione educativa i nostri progetti possono mostrare nel tempo la loro efficacia, in quella stabilità che è condizione per un vero sviluppo.
Per il Rotary è indiscutibile che questa sia la strada. Quella grande missione del Rotary che è stata ininterrottamente portata avanti da tanti rotariani, noi dobbiamo continuarla, perché la vita di ogni uomo della terra sia secondo la dignità che gli è propria, consapevoli che è la cultura lo specifico dell’essere uomo, ed è la cultura che crea legame fra gli uomini. Come rotariani dobbiamo compiere ogni sforzo per la tutela e l’affermazione della cultura quale contributo decisivo alla costruzione di un mondo che sia un’autentica dimora per l’uomo.
In conclusione vorrei ricordare una considerazione di Chesterton. “Il Rotary ha sempre cercato di focalizzare i propri pensieri su questioni riguardo alle quali i soci fossero tutti d’accordo, piuttosto che su quelle che potevano suscitare disaccordo. Il Rotary si è sempre occupato dello studio sulla riconciliazione degli interessi in conflitto ed è riuscito a fare miracoli in tal senso, tramite il semplice espediente di riunire insieme le parti opposte e rivali, nell’atmosfera di vera amicizia.”
Quando uno è scelto, si impegna con determinazione; se uno si offre, spesso vuole un compenso e non sempre si impegna con la stessa determinazione, mentre noi sappiamo che l’unico compenso per un rotariano, oltre all’amicizia sulla quale deve poter contare, è quello di sapere che anche una sola vita è resa migliore della nostra.
Il Rotary, amici, non è una riserva indiana dove qualcuno vuole confinarci come gli ultimi illusi che vogliono cambiare il mondo, ma è costituito da attori estremamente attenti e coinvolti nella realtà di una società in continua evoluzione. Noi dobbiamo assecondare questo processo, ma con un’attenzione, cercando di non perdere nessuno lungo il percorso, anzi cercando di aggregare chi è fuori da questo processo di benessere, favorendone l’estensione progressivamente anche a chi ne è oggi escluso.
Il Rotary è cultura del bene, della libertà, della dignità, del rispetto della persona e del servire, e innanzitutto cultura della vita.
Permettetemi di chiudere leggendo con voi quel bellissimo inno alla vita che ha scritto Madre Teresa di Calcutta:
“La vita è un’opportunità, traine profitto.
La vita è bellezza, ammirala.
La vita è un sogno, realizzalo.
La vita è una sfida, accettala.
La vita è un dovere, compilo.
La vita è un gioco, giocalo.
La vita è dolore, superalo.
La vita è un’avventura, osala.
La vita è un canto, cantalo.
La vita è un mistero, scoprilo.
La vita è felicità, meritala.
La vita è vita, preservala”.
Noi, con le nostre mani tese, possiamo fare tanto per questo obiettivo.
Grazie amici.